Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono
Sonetto-proemio (1349-1350) al Canzoniere, Rerum vulgarium fragmenta, di Francesco Petrarca



Voi ch'ascoltate in rime sparse il suono
di quei sospiri ond'io nudriva 'l core
in sul mio primo giovenile errore
quand'era in parte altr'uom da quel ch'i' sono,

del vario stile in ch'io piango et ragiono
fra le vane speranze e 'l van dolore,
ove sia chi per prova intenda amore,
spero trovar pietà, nonché perdono.

Ma ben veggio or sì come al popol tutto
favola fui gran tempo, onde sovente
di me medesmo meco mi vergogno;

et del mio vaneggiar vergogna è 'l frutto,
e 'l pentersi, e 'l conoscer chiaramente
che quanto piace al mondo è breve sogno.



A voi che ascoltate in rime sparse il suono 
di quei sospiri che nutrivano il mio cuore
al tempo del mio primo giovanile errore,
quando ero in parte un uomo altro da quello che sono,
(A voi che ascoltate in rime sparse il suono) del vario stile attraverso il quale io piango e ragiono
fra le vane speranze e il vano dolore,
ove ci sia chi per esperienza intenda amore,
spero di trovar pietà, nonché perdono.
Ma ben vedo ora come dinnanzi al popolo tutto
sono stato per lungo tempo favola, ragione per la quale spesso
di me medesimo mi vergogno;
vergogna è il frutto del mio vaneggiare,
e il pentirsi, e il capire chiaramente
che quanto piace al mondo è un breve sogno.

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